Finestre: la dimensione narrativa
di Giuseppe Sorrentino

C’è un oltre in tutto.
Voi non volete o non sapete vederlo.
Luigi Pirandello

Elaborata lungo anni di lavoro e portata a maturazione artistica, la metafora pittorica di Giuseppe Sorrentino descrive senza esitazioni l’avventura umana nel mondo e la tensione metafisica dell’arte. L’artista ha, come un viaggiatore, la volontà di andare oltre, addentrandosi in mondi sognati o immaginati, e la serena capacità di ritornare alla quotidianità, restituendo l’esperienza vissuta sotto forma pittorica, come a voler narrare una visione di paesi lontani a chi lontano non osa avventurarsi. Che nelle località dello spirito possano trovarsi testimonianze di tipo diverso, che diversi siano i linguaggi in cui le citazioni colte sono espresse, e che nel corso del tempo il pittore abbia raggiunto un repertorio figurale raffinato, non deve sorprendere.

I viaggi nell’anima dell’artista attraversano metafore esotiche e antiche che, pure, possono dirsi contemporanee, tanto quanto a ognuno possa apparire attuale il viaggio di Ulisse alla luce della propria coscienza. Attraverso il contatto con le opere l’esperienza del viaggio interiore può essere rivissuta da ciascuno, poiché l’atto artistico contribuisce a mantenerne vivo l’aspetto misterioso, che è quanto di più avvincente ci sia dato di indagare in vita. L’interpretazione pittorica di Sorrentino, caratterizzata da una cifra stilistica personale e distintiva, si fa dimensione lirica in cui gli accadimenti, deformati in chiave poetica, generano uno stupore che a sua volta diviene humus di immaginazione e base per una consapevolezza necessaria.

La conoscenza acquisita dall’artista è quella di poter, come ogni viaggiatore, ritornare. Perché, se è soltanto attraverso il viaggio interiore che si può affrontare la vita in tutte le sue sfaccettature più celate, i misteri che serba in sé, gli incanti, le difficoltà, i dettagli, è solamente il ritorno a permettere la narrazione di quanto registrato e accaduto, e a consentire che della vita venga fatta memoria, e che questa memoria venga tradotta in arte. Più realtà si accavallano, perché per sua stessa natura la vita le propone, dando luogo a un’incessante rete di discorsi che colui che dipinge si pone l’obiettivo di dipanare attraverso la sua esperienza artistica. Se, come sosteneva Borges, “l’arte vuole sempre irrealtà visibili”, lo sforzo rappresentativo necessita di rigore e afflato poetico, ché non sembra possibile, essendone privi, poter cogliere la vera essenza del mondo.

Il tentativo di Sorrentino, affacciato come un prisma su finestre che si aprono su diverse angolazioni della realtà, è quello di offrire contemporaneamente la visione su tre dimensioni del tempo, passato, presente e futuro. Indipendentemente dal periodo di realizzazione, e dalla tecnica prescelta – che Sorrentino affronta con sicurezza e perizia, dedicandosi di volta in volta alla pittura a olio o acrilico, alla grafica, all’acquerello o al disegno – il pittore sembra in grado di evocare un’immedesimazione perfetta in un “qui e ora”, che è nel contempo memoria di un passato cui l’artista volta le spalle e presentimento di un futuro da affrontare con coraggio, determinazione e desiderio di sapere. La gioia della dimensione artistica risulta palpabile dal tratto fluido e dalla scelta cromatica che, mostrando le qualità versatili del pittore, ne offrono frattanto la sua personale concezione spirituale del mondo.

La dimensione temporale appare sospesa, unica nell’istante in cui è stata colta all’interno di ogni singola opera, che diventa così parte di un tutto, microcosmo in un macrocosmo che Sorrentino osserva instancabilmente con occhio indagatore da scienziato, quasi a volerci dire che è inutile cercare l’universo altrove, perché esso è racchiuso in ognuno di noi.

Della scienza l’artista indaga gli aspetti funzionali alla sua poetica, con animo disponibile e vigile, che indugia sulle meraviglie del mondo. Al pari di Escher, Sorrentino ammira le leggi naturali, che lo conducono a una sperimentazione formale del concetto di metamorfosi, allegoria che, evocando il pensiero di infinito, finisce per rappresentare l’uomo stesso e il suo percorso di vita. Il senso musicale che traspare da alcune composizioni formali, avvolgendole, testimonia ancora una volta l’esercizio poetico svolto dalla pittura, che a tratti annega, come inevitabile, in un silenzio metafisico pieno di significati e possibilità. L’esperienza dello spazio, indagato sia come superficie sia in senso letterale, è totalizzante, e permette al miracolo della creazione di rinnovarsi a ogni tela bianca, costruita con la stessa dedizione con cui da bambino l’artista costruiva tutto ciò con cui giocava.

Una sorta di horror vacui permette il dispiegarsi di una dimensione onirica che, carica di ricordi e suggestioni provenienti dall’inconscio, permette di penetrare più a fondo nella realtà che ci circonda, evocata attraverso espedienti che suggeriscono un continuo ritorno alla vita e all’arte come rifugio prescelto. Il fil rouge che unisce le opere, per nulla dissimile dal nastro presente frequentemente sulla tela, sembra annodarsi periodicamente per non dimenticare gli echi di contenuti sedimentati e appresi durante un lungo e tenace percorso artistico e personale, e trova la capacità di non smarrirsi, rievocato in elementi che, persistendo, rivelano la consapevolezza dell’istante presente e il suo dialogo continuo con i simboli del passato e l’evocazione di quanto deve ancora accadere.

La pulsione creativa interiore che guida l’operare artistico di Sorrentino potrebbe apparire una sintesi di spontaneità: essa, in realtà, mostra i segni di una poetica artistica intimamente meditata e sofferta, alla ricerca incessante del significato della vita e dell’arte. L’impianto narrativo che la racchiude, ben sostenuto dalla perizia tecnica, permette di indagare a fondo tutte le sfaccettature dell’animo umano, e si pone come una vista sul mondo attraverso varchi che offrono possibilità di incontro, e permettono di affacciarsi contemporaneamente sulla dimensione interiore e sulle meraviglie del mondo. Una visione trasfigurata in senso magico, dalla piena, totale e visionaria libertà espressiva: un volo cosciente sulle dimensioni dell’anima, le cui suggestioni lasciano ancora libero l’artista, dall’animo gentile e affine a quello di un poeta, di esclamare, dopo anni di pratica artistica: “Magari potessi volare”.

Francesca Bogliolo

Le sovrapposizioni geoplanari di Giuseppe Sorrentino stanno a dimostrare nell’artista romano una tendenza a sottrarre il momento pittorico a quella che potrebbe essere scambiata per sterile oggettivazione.
Le sue composizioni fatte di paesaggi dall’acceso verticalismo, i suoi piani trattati in ossequio a una geometrizzante simmetria ordinatrice si definiscono come dei blocchi visivi alimentati da un dinamismo interiore con interventi di colori selezionati quasi come palpitanti evocazioni.
Le traiettorie si trasformano pertanto in condensazioni di componenti diverse, nelle quali il lettore può cogliere angolature variate e tutte giustificate da implicazioni sensoriali, emotive, oltreché razionali.

Giuseppe Nasillo

Nell’opera di Giuseppe Sorrentino non v’è interruzione tra l’una e l’altra scena poiché la composizione corre armoniosa riannodando, quasi commentando, gesti e racconti.
Ogni atteggiamento, ogni rappresentazione, nell’accuratezza dell’osservazione, è rigorosamente calibrata nell’andar della favola come uno spezzone di pellicola cinematografica.
Un ritmo serrato di particolari o di naturali atteggiamenti sino all’umoristica smorfia del personaggio maschera in primo piano, con alle spalle una crepuscolare Venezia.

Livio Garbuglia